Camera oscura

Da Invenzioni.

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Nome in uso correntemente dal XVII secolo ma usato in forme assai simili fin dal XV secolo, con riferimento all'ambiente in cui si osservavano le immagini proiettate dal sole, ossia una stanza buia. E' detta anche "camera ottica".


Indice

Periodo Storico

XV-XVI secolo


Descrizione

Probabilmente usata fin dall'antichità, e certamente dal Medioevo, per osservare le eclissi, la camera oscura divenne gradualmente uno strumento per il disegno prospettico destinato a evolversi ulteriormente con l'invenzione della fotografia.
Nella sua forma più semplice, lo strumento è essenzialmente un foro attraverso cui la luce penetra in una stanza buia proiettando sulla parete opposta l'immagine di ciò che c'è al di fuori. Una delle prime e più entusiastiche descrizione dei suoi effetti proviene da Leonardo da Vinci che acutamente paragonò quel fenomeno luminoso al meccanismo della visione: "La esperienza, che mostra li obbietti mandino le loro spezie ovver similitudini intersegate nello omore albugino, si dimostra quando per alcuno picolo spiraculo rotondo penetreranno le spezie delli obbietti alluminati in abitazione forte oscura. Allora tu riceverai tali spezie in una carta bianca posta dentro a tale abitazione alquanto vicina a esso spiraculo. E vedrai tutti li predetti obbietti in essa carta colle loro proprie figure e colori; ma saran minori e fieno sottosopra, per causa della intersegazione. Li quali simulacri, se nasceranno dal loco alluminato dal sole, parran proprio dipinti in essa carta, la qual vole essere sottilissima e veduta da rivescio… E così fa dentro alla pupilla" (Cod. D dell'Istitute de France, fol. 8r).
Alcuni studiosi hanno tentato di dimostrane l’applicazione artistica fin dall’inizio del ‘400, indicandone il primo esempio in quei “miracoli della pittura” che Leon Battista Alberti menziona nel De pictura e che nella Vita anonima sono descritti come dipinti contenuti in una scatola da osservarsi attraverso un foro. Il primo chiaro riferimento all’uso della camera oscura per fini pittorici – che tuttavia non implica un effettivo utilizzo da parte dei pittori – si trova nella Magia Naturalis di Giambattista Della Porta edita nel 1558. Della Porta è anche uno dei primi autori a menzionare l’uso della lente per intensificare la nitidezza delle immagini. Solo Girolamo Cardano ne aveva fatto cenno precedentemente in un passo del De subtilitate (1550). La lente andava montata nel foro attraverso cui passa la luce. Della Porta suggerisce anche il modo di ingrandire e raddrizzare l’immagine usando uno specchio concavo, oppure uno specchio piano inclinato, oppure ancora uno specchio convesso e uno specchio concavo insieme. La combinazione di questi elementi – la lente e lo specchio – consentiva di allestire veri e propri spettacoli: come in una sala cinematografica, gli spettatori potevano vedere sullo schermo le azioni di personaggi e animali che si muovevano all’esterno, in uno scenario appositamente costruito: “scene di caccia, banchetti, eserciti nemici, giochi e ogni sorta di cose… e chi si troverà nella camera oscura vedrà tutto quanto così chiaramente, che non saprà dire se si tratta di realtà o di illusioni… Spesso ho mostrato siffatti spettacoli ai miei amici, che hanno tratto immenso diletto da simile inganno; e non riuscii a distoglierli dalla loro convinzione né con ragioni naturali, né con ragioni tratte dall’ottica, fino a quando non svelai il segreto” (1589, lib. XVII). Ai pittori meno capaci, infine, Della Porta suggeriva di servirsi di quest’occhio artificiale: “Se non siete capaci di eseguire il ritratto di una persona o di qualsiasi altra cosa… è questa un’arte che giova imparare. Quando il sole batte sulla finestra, disponete vicino al foro le persone che intendete ritrarre in modo tale che siano illuminate, avendo cura che il sole non cada direttamente sul foro. Dirimpetto a esso collocate un foglio bianco o una tavola, e sistemate le persone sotto la luce allontanandole o avvicinandole fino a che il sole non ne proietti una rappresentazione perfetta sulla tavola: e chi è abile nel dipingere apporrà i colori là dove li vedrà nella tavola, e descriverà le espressioni dei volti; cosicché quando l’immagine scomparirà, il dipinto resterà sulla tavola, e sulla superficie si vedrà come un’immagine allo specchio”. Dieci anni dopo, questo “modo naturale di mettere in prospettiva” sarebbe stato descritto anche da Daniele Barbaro nella Pratica della Perspettiva (1568), in un capitolo che raccoglieva vari strumenti meccanici per il disegno prospettico, dal famoso sportello di Albrecht Dürer al più oscuro distanziometro dell’ingegnere mediceo Baldasarre Lanci. Barbaro tuttavia non descrive lo specchio ma, come Della Porta, suggerisce l’uso di una lente specificandone la forma: “piglia un’occhiale da vecchio – scrive – cioè che habbia alquanto di corpo nel mezzo, e non già concavo, come gli occhiali da giovani, che hanno la vista curta”. La lente necessaria al funzionamento di una camera oscura doveva essere perciò positiva, ovvero convergente, di forma piano convessa o biconvessa, di quelle usate per correggere la presbiopia; una lente negativa, ovvero divergente, di forma piano concava o biconcava, di quelle usate per correggere la miopia, non avrebbe prodotto alcun risultato.


Riferimenti Bibliografici

Fubini R. e Gallorini, A.M., L’autobiografia di Leon Battista Alberti. Studio e edizione, in “Rinascimento”, XII, 1972, pp. 21-78.

Pastore, Nicholas e Rosen, Edward, Alberti and the Camera Oscura, in “Physis”, XXV, 1984, pp. 259-269.

Barbaro, Daniele.La pratica della perspettiva di monsignor Daniel Barbaro ...: opera molto utile a pittori, a scultori et ad architetti: con due tavole, una de' capitoli principali, l'altra delle cose più notabili contenute nella presente opera. In Venetia, appresso Camillo & Rutilio Borgominieri fratelli, 1569, IX, V.

Della Porta, Giovanni Battista, Magia Naturalis, sive de miraculis rerum naturalium, libri IV, Napoli, 1558; edizione ampliata in 20 volumi, Napoli, 1589, lib. XVII.

Lindberg, David C., The Theory of Pinhole Images from Antiquity to the Thirteenth Century, in “Archive for History of exact Sciences”, 5, 1968, pp. 154-176.

Goldstein, Bernard R., The Physical Astronomy of Levi Ben Gerson, in “Perspectives on Science”, 5, 1997, pp. 1-30.



Immagini


Autore della scheda: Filippo Camerota

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