Sportello

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Nome adottato dall'inventore (in tedesco türlein=porticina) e letteralmente tradotto dai teorici italiani del Rinascimento come "sportello".

Indice

Inventore

Albrecht Dürer (1471-1528)


Periodo Storico

1525


Descrizione

A differenza del velo e del vetro che simulavano semplicemente una finestra – offrendo un risultato fortemente dipendente dall’abilità grafica del pittore - lo "sportello", come fu chiamato nel Rinascimento, materializzava tutti gli elementi concorrenti alla formazione dell’immagine: l’occhio era un chiodo piantato nel muro, il raggio visivo era un filo che si estendeva dal chiodo all’oggetto, e il quadro era un piano definito dall’intersezione dei due fili all’interno del telaio. L’immagine prospettica di un qualsiasi punto dell’oggetto era inequivocabilmente individuata dall’intersezione del filo ‘visivo’ con i due fili incrociati. La meccanica dell’operazione era talmente limpida e istruttiva da indurre un matematico come Egnazio Danti ad adottare proprio questo strumento per dimostrare "in che cosa consiste il fondamento della prospettiva", dato che in esso – si legge nei commentari alle Due regole del Vignola - "vedremo in atto distintamente… la commune setione della piramide visuale, et del piano che la taglia". Con questo strumento Daniele Barbaro dichiarava di aver disegnato "in Perspettiva molte cose di una camera del Reverendissimo Cardinale Turnone con suo gran piacere" (La pratica della perspettiva, Venezia, 1569, X, III) e, a giudicare dal successo editoriale, lo sportello deve essere stato diffusissimo sia nelle botteghe sia nelle collezioni private; una sua raffigurazione la troviamo, ad esempio, nel ciclo decorativo del cosiddetto "stanzino delle matematiche", la stanza allestita da Ferdinando I agli Uffizi per ospitare la collezione medicea di strumenti scientifici. Lo strumento aveva un solo limite: l’uso del filo, che nelle lunghe estensioni tendeva a flettere compromettendo la precisione del disegno, consentiva di rappresentare solo oggetti piccoli e piuttosto vicini, come del resto precisava lo stesso Dürer: "D'ora in poi insegnerò in che modo qualsiasi cosa apparente e non molto lontana dall'occhio vada misurata con tre fili e così trasferita in pittura..." (Underweisung der messung, Norimberga, 1525, IV). Considerando questo limite, Egnazio Danti ne e laborò uan variante che consentiva di ritrarre anche le cose lontane: "se bene con questo sportello di Alberto non si possono disegnare se non le cose picciole, che ci sono vicine; io nondimeno ne ho fatto un altro con i traguardi, con il quale sarà possibile disegnare in Prospettiva ogni cosa per lontana che sia..." (Le due regole, Roma, 1583, III, p. 56).
L'incisione che illustra l'uso dello strumento fu replicata da molti trattatisti diventando una sorta di icona della prospettiva 'meccanica'. La conformazione dello strumento, pensato come una porta e chiamato esplicitamente "porticina" (türlein), potrebbe indicare la volontà dell'artista di giocare emblematicamente con il prorpio nome: Dürer, da "türer"(fabbricante di porte), traduzione tedesca dell'ungherese "ajtòs", cognome originario del padre dell'artista (Albrecht Ajtòs) e luogo di origine della sua famiglia, nei pressi di Gyula in Ungheria. Una porta compare infatti sullo stemma di famiglia illustrato in un'incisione dell'artista del 1523 (The British Museum)


Riferimenti Bibliografici

Barbaro, Daniele. La pratica della perspettiva di monsignor Daniel Barbaro ...: opera molto utile a pittori, a scultori et ad architetti: con due tavole, una de' capitoli principali, l'altra delle cose più notabili contenute nella presente opera. In Venetia, appresso Camillo & Rutilio Borgominieri fratelli, 1569, IX, III.

Dürer, Albrecht. Underweysung der messung mit dem zirckel vnd richtscheyt in Linien ebnen vnnd gantzen corporen durch Albrecht Duerer zusamen getzogen vnd zu nutz aller kunstlieb habenden mit zu gehoerigen figuren in truck gebracht im jar. 1525. Gedruckt zu Nueremberg, Hieronymus Andreae, 1525.

Alberti Durereri Institutionum geometricarum libri quatuor: in quibus, lineas, superficies, et solida corpora, ita tractavit, ut non matheseos solúm studisosis, sed et pictoribus, fabris aerariis ac lignariis, lapicidis, statuariis, et universis demúm qui circino, gnomone, libella, aut alioqui certa mensura opera sua examinant, sint summé utiles et necessarii. Arnhemiae, Ex officina Iohannis Iansonii, 1606, IV.

Vignola, Giacomo Barozzi detto il. Le due regole della prospettiva pratica. Con i comentarij del R.P.M. Egnatio Danti". In Roma, per Francesco Zannetti, 1583, cap. III, p. 55.

Vignola, Giacomo Barozzi detto il. Le due regole della prospettiva prattica. Con i commentari del ... maestro Egnatio Danti. In Bologna, per Gioseffo Longhi, 1682.



Immagini


Autore della scheda: Filippo Camerota

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